Ho pensato a lungo a questo articolo e non ho “mai preso la via” così come avrei dovuto fare, un pò perchè ho sempre mille cose da fare, un pò perchè quello che vi vado a raccontare oggi ha radici profondissime, quanto è profondo il mare;
in effetti, il mare ne è protagonista, perchè anche se il Cilento non è solo mare, ma anche entroterra, monti e colline dolcissime rosse e brune, boschi e cascate spettacolari, alture e sentieri, fondamentalmente lo conoscete (e se non lo conoscete ahi ahi ahi)come un luogo di mare.
Non ve lo posso spiegare in un solo articolo, dovendolo dividere con una ricetta e magari non ne riuscite a cogliere l’essenza, perché è probabile che scorriate frettolosamente verso la fine; ma nemmeno posso sorvolare , su questa terra difficile ma mai aspra, generosa ma a volte ostile, piena di ossimori esattamente come lo sono tutti quei luoghi che segnano il riscatto.
Non ho scelto certo una parola a caso, anzi , è voluta.
IO sono cilentana e di questa terra, adesso me ne vanto.
Non partirò come sempre da Adamo ed Eva, salgo un pò più su nella linea temporale e salto i racconti di mia nonna, dei bagni salubri a mezzanotte con le camicie da notte, la povertà più assoluta, i cento pescatori che vivevano queste coste e il resto era palude, bosco, verde e disperazione.
le casette colorate, ognuna di un colore diverso, cosicchè i marinai al largo, guadando la costa potessero riconoscere la propria casa.non vi dico degli americani nascosti coi fucili negli archi a porte delle gatte e del mare in tempesta che entrava nelle case spazzando via tutti e tutto.
no, oggi vi do un’infarinatura leggera, come quella che si fa alle alici prima di friggerle.
Il Cilento nasce povero, terra di ciucci (asini) di contadini e pescatori e come per contrapposizione, se nascevi contadino avevi qualche risorsa in più, diversamente dal destino dei pescatori, con i vuzzi e le citilene, ad affrontare il mare pericoloso sotto le stelle per quattro pesci; ma se chiedete ai pescatori di lasciare il mare vi diranno che non è possibile, perchè il mare ce l’hanno dentro.
E vi racconto della povertà, della guerra che l’ha reso ancora più povero, che ha costretto i propri figli a migrare per trovare una strada che non fosse di fame e disperazione; e così America, Brasile, Germania, Francia ,Australia, famiglie e figli mandati via alla ricerca della buona sorte.
E poi scoprire che l’America sta quà,come diceva mio padre, che l’America siamo noi, ma l’abbiamo scoperto oggi, ieri e l’altro ieri; che quando questo luogo è iniziato a diventare luogo di villeggiatura , quella dei medici e avvocati che portavano i figli tisici a guarire dei tempi di mia nonna , fino ad oggi che ha cambiato sfaccettatura, aspetto e non mi riferisco solo all’erosione costiera, al cambio climatico; mi riferisco che è cambiato chi abita il Cilento ed ha capito che i ciucci (sempre gli asini) sono i via di estinzione e bisogna proteggere queste terre dalla sopraffazione di chi viene credendo che siamo provinciali e trogloditi.
E questa terra è cambiata, si, ne è cambiata la mentalità, che rimane sempre un pò provinciale, ma che sostanzialmente ne fa la sua corazza e che finalmente non trova i suoi difensori solo in chi risiede all’estero e ne protegge il ricordo a tutti i costi, ricordando i muri di pietra secca, tormentati dallo scirocco, risicati fino all’ultimo dal sole rovente, impietoso, che indurisce la pelle come una scorza durissima , come le cortecce degli ulivi e dei pini salmastri che si ergono da centinaia di anni ,soli, in una grande macchia di verde che sa di aleppo , muschio e resina.
No, del Cilento dovrei parlare per interi capitoli, ma oggi mi soffermo su un piatto che era la merenda di tutti, dei poveri e dei ricchi.
E anche se ricchi ce n’erano pochi, quattro signori benestanti assai, medici, avvocati e notai, che ancora oggi si trovano qui ed hanno radici profondissime dalla quale non vogliono più staccarsi, rimane che comunque erano tutti poveri quaggiù, dopo Cristo si è fermato ad eboli, dopo le razzìe dei normanni, degli arabi, le incursioni del sogno italico di qualcun altro, la caduta dei Borboni, le guerre interne tra briganti e camicie rosse di un certo Giuseppe, che chiameremo Peppo il mercernario al soldo di quattro poverissimi conti e baroni, in queste terre dove la disperazione era diventata desolazione, si è salvato nel tempo quell’orgoglio di ciucci e che ancora adesso ci viene detto, sei cilentano, terra a parte, razza a parte, gente strana.
Eh si che ancora oggi, quando qualcosa non va bene, mi sento rispondere è perchè siamo nel cilento.
Come se non fosse uguale a Milano, Roma, bali o Marrakech.
Baggianate, scusate, fatemelo dire.
Che qua si è sempre avuto quell’orgoglio brigante e nessuno sapeva di averlo, fino a quando i nonni non hanno raccontato le storie, dove intrisa di povertà e orgoglio, c’era questa storia di questo sud , sempre a dire disagiato, lento, impossibile, quando basterebbe spostarsi in qualsiasi posto del mondo e scoprire che ogni mondo è paese.
e mò non voglio dire che qua è la perfezione, che si campa da pascià avendo poco o niente, come novelli robison Crusoe , ma quando ho capito la mia terra, quando ho compreso cosa stavo guardando e vivendo, mi sono resa conto che sono stata cieca fino a quel momento, che non avevo compreso nulla di me stessa e di questa terra.
E QUANDO HO REALMENTE COMPRESO CHE L’AMERICA CE L’AVEVO SOTTO I PIEDI
ho finalmente capito che siamo tutti apolidi e contemporaneamente cittadini del mondo, ma le nostre radici ci fanno cittadini dell’umanità.
” l’uomo strana creatura con ali e radici-Victor Hugo”
L’acqua sale.
(patrimonio mondiale dell’umanità)
L’acqua sale non è altro che pane e pomodoro, fatto con il pane duro, quello dei forni a legna, fatto da tutti e che si conservava nelle maide antiche e i pomodori, quelli dell’orto, maturati al sole di questo sud.
La ricetta è semplice e si basa sul concetto di merenda pret à portèr che oggi fa tanto bohemien, sfoggiare questa “piatta ” sulle barche, mentre una volta era la merenda che si dava ai bambini se non addirittura costituiva il piatto principale quando non si aveva nulla.
Come ogni ricetta basata sulla tradizione subisce dei cambiamenti in base alle mani che la eseguono.
E se mia nonna Emma la preparava senza aglio perchè noi eravamo piccoli e poi lei andava in chiesa e non poteva prendere la comunione senza uccidere il prete,così in base alla casa di provenienza si arricchiva di ingredienti preziosi e succulenti.
Così, ‘cummara ‘ndunetta l’arricchiva di aulive ammaccate, zi’ pascale ci metteva il tonno pescato e messo sott’olio e gennarino invece la preparava con la cipolla e solo il succo dei pomodori, perchè i pomodori in se non gli piacevano affatto.
Certezze di un mondo passato, quando i bambini mangiavano insieme nei vicoli a mare e i figli tisici portati a rinvigorire al sole e allo iodio, diventavano ragazzi dalla pelle d’ebano con la salute di ferro, tanto che non li riconoscevano nemmeno più i padri.
Fermo restando che nella mia casa, come in quella di tutti i cilentani , anche di quelli acquisiti, l’acqua sale costituisce un piatto di una bontà unica, sebbene sia fatto soltanto di pane e pummarola.
le basi sono quattro
*pane duro (non imbrogliate, il pane tuosto è fondamentale)
*pomodori (di qualsiasi tipo)
*olio
*sale
Tutte le variazioni del caso sono arricchimenti che ognuno sceglie da sè.
A casa mia non esiste acqua sale se non c’è il tonno, in pratica non viene riconosciuta dalla somma Cerbero, autorità indiscussa sulla qualità dei cibi 😅😅😅 è inutile dirvi che il tonno dev’essere di qualità e in olio d’oliva.
non fatemi sentire che pescate le lattine e lo spacciate per tonno, a meno che non ve lo peschi gennarino in persona e ve lo cura e mette sott’olio, il tonno lo dovete scegliere che sia di qualità top.
E voglio dirvi anche che prima dei tonni a pinne gialle , che ci hanno tartassato il cervello che si spezzava con un grissino quando effettivamente non c’era bisogno di spezzarlo, perchè già frantumato di suo, il tonno più pregiato è l’alalunga, tonno finissimo, dalle carni bianche e un pò come me “curt e chiatt” ma che sorprende per la qualità pregiate delle carni;
insieme agli ingredienti classici, il tono alalunga è il co-protagonista del mio piatto oggi, direttamente dal mare, attraverso un processo di conservazione nel pieno rispetto del mare e dell’ambiente.
oggi zarotti, con la linea cilento d’amare, riporta finalmente questa antica tradizione alla portata di tutti.
vi lascio la ricetta e come sempre vi aspetto nei commenti per sapere cosa ne pensate .
Grazie per aver letto fin qui
enjoy life 🎈
acqua sale rivisitata con tonno alalunga cilento d’amare zarotti
ingredienti per 4 persone:
200 gr di pane duro biscottato di grano duro
4/5 pomodori rossi e gialli
mezza cipolla rossa di tropea
un mazzetto di basilico
4 filetti di tonno alalunga cilento d’Amare zarotti
olio q.b.
sale q.b.
procedimento
iniziamo col tagliare in maniera sottile la cipolla che metteremo a bagno in acqua e sale per qualche minuto.
prepariamo un’emulsione di acqua, sale e olio e bagnate leggermente il pane biscottato.
sistemate il pane su di un piatto da portata e e con un cucchiaio mescolate in modo da distribuire bene l’emulsione.
lavate i pomodori, divideteli in pezzi grossi e schiacciateli direttamente sul pane con le mani.
Spremete i pomodori che devono rilasciare il succo sul pane e condirlo.
Scolate la cipolla e aggiungetela al pane, mescolate delicatamente ed aggiungete i filetti di tonno alalunga cilento d’amare zarotti; completate con poco sale, un generoso giro d’olio e qualche foglia di basilico.
Mescolate un’ultima volta ed è pronta per essere gustata.
Ah dimenticavo, possibilmente con le mani!